Dalle origini un’unico filo conduttore: una raffinata passione per il “bello”.
La villa fu progettata, nella prima metà del ‘600, dal famoso architetto Francesco Maria Richini (detto anche il Richino) su incarico del Conte Carlo Resta, nonché Marchese di Villapizzone. L’edificio venne poi realizzato dal figlio Giuseppe Resta nella seconda metà dello stesso secolo, il quale affido’ i lavori al figlio del Richini.
La Villa, era al centro di un piccolo agglomerato urbano e ara stata edificata per soddisfare una triplice funzione: come grandiosa rappresentazione del valore della Famiglia resta, luogo di delizia ma, soprattutto, rappresentava il centro da cui condurre e amministrare le enormi proprietà terriere dei Resta che si estendevano per chilometri fino ai paesi limitrofi. Qui si coltivavano gelsi per l’allevamento dei bachi da seta , grano e uva, per produrre un vino mosso dal sapore dolciastro.
La Villa passò in mani borghesi a cavallo del 1900, poiché l’assenza di eredi maschi ne aveva determinato l’abbandono. Il sig. Bodini, divenne proprietario e le voci di paese furono le più disparate; c’è chi dice che fu vinta al gioco ma è più probabile che, essendo il fattore, riuscì in qualche modo ad acquistarla, tanto era quasi un rudere.
La famiglia Bodini trasformò la Villa in un opificio, una filanda dove produrre nastri di seta, con essiccatoi, telai e rocchettatrici.
Questo uso improprio fu particolarmente distruttivo: vennero distrutti o strappati affreschi e decori di gran pregio, frantumate le pavimentazioni per le vibrazioni dei macchinari, si staccarono per la mancata manutenzione i fregi esterni e gli intonaci, le balaustre in pietra gentile e i marmi esterni andarono persi. Tuttavia, questo uso, consentì di mantenere le qualità progettuali del “Richino” : i grandi volumi interni, l’imponente scalone monumentale, gli incredibili equilibri architettonici…
Nel 1975, il sig Mari Loris, noto pubblicitario, acquistò l’immobile ormai compromesso e, grazie all’aiuto economico di un amico, riuscì ad acquistare l’immobile, dando il via ad un restauro impegnativo che nessuno riteneva possibile. Sicuramente fu un atto di coraggio e determinato ma come si usa dire: “aiutati che il ciel ti aiuta…”.
Negli anni ’80, l’affitto di spazi alla “Banca del Monte di Milano” consentì il completamento delle opere e il recupero dei sotterranei che erano stati riempiti di terra a causa dell’innalzamento della falda acquifera.
Dopo essere stata, per anni, la sede delle società di comunicazione, licensing e design del sig. Mari, oltre che del settimanale “Città Oggi”, è oggi una delle più prestigiose location per eventi e matrimoni del territorio di Milano.
Vieni a trovarci e scoprilo!
La struttura del corpo nobiliare si apre all’ingresso del visitatore. E’ maestosa e presenta un corpo centrale più alto, che incornicia un ampio portico a colonne binate in granito rosa di Baveno, un materiale oggi irreperibile.
Le due ali laterali concorrono a dare equilibrio al tutto, in origine erano collegate non solo alle ali antistanti ma anche a due estensioni simmetriche nella parte posteriore che si raggiungevano dai passaggi porticati sui lati nord e sud.
Nel retro si apriva un ampio giardino all’italiana, oggi riprodotto con terrazzamenti ad anfiteatro e una grande fontana in stile peschiera settecentesca.
Nella parte Est del complesso Resta Mari vi era anche un piccolo oratorio di proprietà dei possidenti. Le fonti ( soprattutto orali ) ricordano la chiesetta come dipinta ( forse opere settecentesche ) che si trovava nei pressi della villa, in un angolo a nordest dell’attuale ingresso che, in origine, era posto all’inizio delle due imponenti ali simmetriche per creare un profondo effetto prospettico. Rimangono conservate, dello stesso oratorio, le acquasantiere che sono visibili all’ingresso della chiesa di Santa Croce nella piazza del paese.
In questa grande sala con affaccio sul parco campeggia ancora il grande camino in marmo rosso veronese e i soffitti a cassettoni finemente decorati.
E’ da notare come la pavimentazione originale in cotto, in alcuni punti meglio conservati, non faccia vedere alcuna fuga, dando l’impressione di omogeneità della copertura. Questo effetto è dovuto ad una squadratura manuale svasata e incredibilmente precisa della mattonella, assolutamente irripetibile da artigiani di oggi.
Qui erano stati disposti i grandi telai della vecchia fabbrica , mossi da un unico albero motore. Sulla parete meridionale è rimasta una macchia perpetua d’olio, dove il cuscinetto veniva oleato. E’ come se, quella lacrima, rimanesse a testimonianza del sacrificio di questa villa per il bene di Vittuone, dove ogni famiglia può annoverare dei membri che lavorarono nella filanda costruendo tutta la ricchezza del paese.
Una sala che serve a mantenere il ritmo architettonico con ambienti che danno equilibrio complessivo: le ali della villa hanno un’altezza pari a 2/3 della torre e la torre ha una larghezza pari a 2/3 delle parti basse.
Un ambiente più piccolo, dove si apprezzano i decori del soffitto a cassettoni e gli importanti interventi di consolidamento delle travi con putrelle in ferro in nuance, collegate da perni saldati e molati per rendere l’opera meno invasiva.
Qui la pavimentazione è stata ricostruita con mattonelle prodotte a mano, nei primi anni di restauro, da una delle ultime fornaci lombarde oggi non più attiva.
In origine, questo ampio salone a volta, era completamente decorato con affreschi e stucchi che incorniciavano la parte centrale del soffitto. Tutto ando’ perso negli anni ’60 con il distacco dell’opera decorativa. Il decoro pittorico attuale riporta un destriero che con audacia domina dai mari, un simbolo che vuole essere un omaggio all’audacia del sig Mari nel voler ridare vita ad un monumento che è riuscito a mantenersi saldo attraversando il tempo e gli eventi avversi
Lo scalone che si apre a fianco del porticato d’ingresso rivela una vista privilegiata per apprezzare appieno la mano dell’architetto.
Le prospettive, i grandi volumi, il pregiato granito rosa, le dimensioni che sembrano poter confermare le leggende sulla salita a cavallo degli ospiti sono il preludio al salone più ricco, dove si ammirano ancora oggi gli affreschi dell’epoca.
In cima al Scalone d’Onore, sulla sala, si aprono i portoni autentici. Il salone è interamente decorato con affreschi del Nuvolone, allievo e divulgatore della scuola del Tiepolo, che rappresentano varie Arti e passatempi raffigurati come Statue: l’architettura, la poesia, la musica, la caccia, la scultura…
Questi decori testimoniano gli interessi, il rango e le aspirazioni della famiglia Resta; raffigurare le arti significa manifestare il proprio interesse a valori inaccessibili ai più e si notano, ai lati, due “trompe l’oeil”: verso lo scalone una scala riprende il movimento verso l’alto, per raffigurare il continuo elevarsi della famiglia, alla base campeggia un pappagallo esotico, un animale che solo una ricca dinastia poteva permettersi. Sul lato opposto un servo invita gli ospiti a salire sulla scala retrostante per accomodarsi in attesa di un bicchiere di vino da degustare guardando i balli dall’alto.
Il secondo ambiente, quello che dà verso il giardino ha il soffitto ligneo rifatto. Questo, all’epoca dell’acquisizione non era presente e vi erano decorazioni parietali che lasciavano ipotizzare la presenza di un ballatoio per poter vedere meglio gli ospiti del salone, quasi sicuramente adibito a sala da ballo/ di ricevimento.
Ambiente estremamente suggestivo e conservato. Al centro troneggia il grande camino dove sono andate perdute le panche laterali.
L’impianto è originale e sono ancora presenti i fuochi a carbone del 700, mentre i vari utensili sono stati acquistati dall’attuale proprietà sul mercato antiquario. Campeggiano anche foto e oggetti della famiglia Mari.
L’attuale giardino non è altro che una ricostruzione di un giardino all’italiana, fatta dall’attuale proprietà, ipotizzando la presenza di quest’ultimo all’interno della villa, come testimonia la mappa nel salone di ingresso. L’area del giardino, dai primi del ‘900, ospitava un un grande capannone per l’essiccazione e la raccolta dei bozzoli di baco da seta.
Superando numerose resistenze burocratiche, dopo molti anni, fu finalmente concessa la possibilità di abbattere il capannone e ricostruire il rustico preesistente sulle mappe, secondo techiche e stile dell’epoca
Fa da fondale scenografico una grande peschiera/fontana d’ispirazione settecentesca.
Parte nuova realizzata con grandi capriate in legno austriaco, forse preesistente (come da mappa del 1826).
Le ipotesi sono che questo ambiente, affacciato a sud, fosse destinato al ricovero di piante durante l’inverno (limonaia), oppure fosse un ricovero per animali (scuderia) o magazzino (granaio)
Esiste ancora la ruota di una macina antica che lo testimonia
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